CHIRURGIA DEL GINOCCHIO

PROTESI GINOCCHIO

 

La causa più comune di dolore cronico al ginocchio e di riduzione della sua funzionalità è l’artrosi. Anche se ci sono molti tipi di artrosi, quelli che più comunemente causano dolore al ginocchio sono: l’artrosi cronica senile, l’artrosi secondaria ad artrite reumatoide (malattia infiammatoria su base auto-immune), l’artrosi post-traumatica (esito di fratture) e l’osteonecrosi (infarto dell’osso).

DEFINIZIONE DI ARTROSI

L’artrosi del ginocchio (gonartrosi) è l’artropatia degenerativa cronica del ginocchio caratterizzata da alterazioni anatomopatologiche a carico sia della cartilagine che dell’osso subcondrale, nonchè da fenomeni flogistici secondari ed incostanti della membrana capsulo-sinoviale

Artrosi primaria

Nella maggioranza dei casi non vi è un’unica causa per la comparsa della gonartrosi. Si riconoscono alcune condizioni cliniche quali obesità e/o disfunzioni ormonali che ne facilitano la comparsa. Anche i microtraumatismi legati all’attività lavorativa o all’attività sportiva possono essere causa di danno artrosico. In molti casi si rileva familiarità.

Artrosi secondaria

In altri casi, meno frequenti, l’artrosi consegue a patologie ben conosciute:

  • Evento traumatico: insorge su pregressa frattura del femore distale, del 
piatto tibiale o della rotula.
  •  
  • Artrite infiammatoria: causata da una infezione articolare batterica o
  • Artrite reumatica: il panno sinoviale reumatico che causa infiammazione e versamenti articolari è responsabile, alla lunga, di un danno osteo-cartilagineo irreversibile.

L’artrosi del ginocchio può essere mono-bi o tricompartimentale e il coinvolgimento di 1, 2 o 3 compartimenti in associazione alla integrità dei legamenti, il grado di deviazione dell’asse e l’indica di massa corporea (BMI) condizionano la scelta del chirurgo (protesi MONOCOMPARTIMENTALE o TOTALE)

EPIDEMIOLOGIA

La gonartrosi è la localizzazione più frequente di artrosi con un’incidenza di 2/1000 individui adulti. La prevalenza di artrosi aumenta con l’avanzare con l’età; l’uomo è maggiormente colpito fino ai 50 anni, soprattutto in relazione alla gonartrosi secondaria, mentre la gonartrosi primaria interessa con maggiore frequenza le donne in post-menopausa.

SINTOMI

Quando le superfici articolari diventano irregolari inizia la sintomatologia dolorosa che a volte si accompagna a gonfiore e a versamenti articolari recidivanti. Incostante la sensazione di instabilità

Il paziente avverte dolore al ginocchio camminando ma, soprattutto, alzandosi da una sedia, salendo le scale o inginocchiandosi.

Il dolore e la limitazione funzionale costituiscono una condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’indicazione chirurgica in quanto espressione di artrosi sintomatica ma non necessariamente di artrosi grave.

INDICAZIONI ALLA PROTESI DI GINOCCHIO

1)Artrosi primaria sintomatica

2)Artrosi secondaria sintomatica

Considerando la durata ancora limitata a 15-20 anni degli impianti protesici del ginocchio, la fascia di età ideale dell’operando è compresa fra i 65 e i 75 anni. Soggetti più giovani vengono candidati all’intervento solo in caso di artrosi particolarmente grave. Soggetti più anziani, nei quali aumenta il rischio di complicanze locali e generali e di insuccessi, vengono avviati all’intervento solo dopo uno studio particolarmente attento, in particolare delle condizioni generali secondo i parametri riportati nel Protocollo Anestesia PM-ANE.01.

CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE E RELATIVE

1)   infarto del miocardio nei 6 mesi precedenti all’intervento

2)   diabete scompensato

3)  patologie respiratorie o renali gravi

4)  gravi varici venose o insufficienze vascolari degli arti inferiori

5)  pregressa infezione ossea nella regione del ginocchio

6)   infezioni sistemiche in atto e lesioni cutanee croniche aperte

7)   tabagismo grave

8)   demenza

9)   obesità grave

10)  alcolismo o tossicomania

11)  paralisi del quadricipite

ESAME CLINICO

L’esame clinico consente di rilevare gli elementi (i primi 3 in particolare) che sono fondamentali nella stadiazione dell’artrosi:

  • lo scroscio articolare (fine-medio-grossolano);

la deformità in valgismo o in varismo (iniziale-media-importante) che può essere correggibile o meno (in ragione della retrazione capsulo-legamentosa dal lato della concavità) e associata o meno ad 
una lassità (causata dalla detensione legamentosa) dal lato della convessità;

  • il deficit del range di movimento che può riguardare l’estensione o la flessione e che può essere limitato a pochi gradi o comportare una rigidità ben più importante;
  • l’eventuale versamento articolare (incostante e meno determinante);
  • l’eventuale dolorabilità alla pressione (incostante e meno determinante).

DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

La diagnostica per immagini si fonda su di uno studio RADIOGRAFICO effettuato in modo specifico e imprescindibile (Rx ginocchio destro e sinistro sottocarico – Rx laterali standard – Rx assiali di rotula a 60° – Rx postero anteriori a 45° sottocarico – Rx arti inferiori in toto sotto carico su lastra lunga per leve scheletriche) e consente di rilevare:

  • il contatto femoro-tibiale osso/osso da assenza cartilaginea a tutto spessore;
  • la sclerosi ossea subcondrale;
  • l’osteofitosi marginale;
  • la posizione della rotula;
  • l’eventuale presenza di necrosi asettica, di cavità geodiche, di mezzi di sintesi residuati a precedente chirurgia, di erosioni ossee (in particolare nelle artriti);
  • La proiezione su lastra lunga è determinante nella pianificazione chirurgica per individuare l’accesso transcondilico al canale midollare femorale nell’allineamento endomidollare.

RMN e TC: per un ulteriore approfondimento diagnostico, una risonanza magnetica e/o una TC del ginocchio possono escludere malattie secondarie o mettere in evidenza la presenza di necrosi sub- condrale o di usura cartilaginea non ancora ben evidente alla radiografia.

Esame clinico e radiografico sono determinanti per riconoscere l’entità del danno organico articolare, elemento cardine dell’indicazione chirurgica. Al contrario dolore e limitazione funzionale sono soggettivi e non strettamente correlati con la gravità della compromissione articolare. In molti casi infatti l’artrosi può essere evoluta e ancora poco dolorosa perché compensata, mentre in altri casi può risultare non grave ma particolarmente dolorosa solo perché scompensata da un sovraccarico causato da posture non corrette e insufficienza muscolare della coscia.
Soltanto la gravità del danno organico, adeguatamente documentata, giustifica l’indicazione chirurgica.

CRITESI DI SCELTA DEGLI IMPIANTI

Sostanzialmente si possono distinguere 2 tipi di protesi di ginocchio (protesi totale o parziale) con diversa indicazione in relazione all’estensione del danno artrosico a tutto il ginocchio o solo ad una metà di questo.

Protesi parziale di ginocchio o monocompartimentale: ricostruisce solo la porzione articolare danneggiata (mediale, laterale o femoro-rotulea)

Protesi totale di ginocchio. Ricostruisce tutte le componenti articolari (componente rotulea facoltativa)

L’intervento consiste nella sostituzione dell’articolazione con una protesi che è costituita da una componente femorale, una componente tibiale ed un inserto interposto fra queste strutture. In alcuni casi può essere indicato applicare anche una componente protesica rotulea qualora la rotula risulti molto danneggiata.

Le componenti femorale e tibiale sono costituite da materiale metallico (cromo-cobalto o titanio) mentre l’inserto interposto è costituito da materiale plastico (polietilene ad alto peso molecolare): tale inserto ha lo scopo di permettere il movimento articolare di scorrimento e di rotolamento.

Quando utilizzata, la componente rotulea è di polietilene o polietilene ancorato ad una superficie metallica

Vari sono i modelli di protesi tra i quali il chirurgo può attuare una scelta: tale scelta è guidata soprattutto dall’esperienza del singolo chirurgo e dai buoni risultati ottenuti.

In modo sintetico le artroprotesi totali di ginocchio possono essere suddivise in quattro tipi di cui i primi due sono sicuramente i più utilizzati, come qui di seguito descritto.

Protesi a conservazione del legamento crociato posteriore. Sono molto genericamente “adatte” a pazienti con danno artrosico limitato e con legamento crociato integro.

Protesi a sacrificio del legamento crociato posteriore. Protesi
presentano una maggiore stabilità e possono essere usate anche in ginocchia con danno artrosico più avanzato e lesione dei legamenti crociati. Si sottolinea che in alcuni casi il legamento crociato posteriore intatto potrebbe danneggiarsi dopo l’impianto della protesi rendendola instabile: per tale motivo alcuni chirurghi preferiscono questo secondo tipo di impianto.

Protesi a vincolo condilare che presentano una maggiore stabilità: tali protesi sono utilizzate in casi di usura importante dell’osso o in presenza di importanti lesioni legamentose. Sono spesso utilizzate anche durante reimpianto di protesi di ginocchio con danno osseo minore.

Protesi vincolate: usate soprattutto in caso di reimpianto o in caso di gravissima instabilità articolare. Presentano un vincolo “a cerniera” associato a steli endomidollari femorali e/o tibiali più lunghi.

Gli ultimi due modelli descritti sono spesso utilizzati in caso di reimpianto protesico per fallimento di un precedente impianto o tutte le volte che una grande perdita di sostanza ossea e/o una grande lassità legamentosa richiedono una protesi a maggior stabilità.

Inoltre i singoli modelli protesici possono riconoscere l’uso di un inserto in polietilene fisso, perfettamente congruente alle neo-superfici articolari o mobile tale da permettere modesti movimenti di rotazione dello stesso.

Le protesi possono essere inoltre distinte in cementate e non cementate: tale cemento a rapida polimerizzazione fa da riempitivo tra osso e protesi e permette di ottenere una stabilità immediata. Al contrario la protesi non cementata, impiantata direttamente nell’osso con un inserto a pressione (press- fit), viene preferita nel paziente molto giovane prevedendo una crescita ossea attorno all’impianto.

ALTERNATIVE ALLA CHIRURGIA

Analogamente alla coxartrosi la terapia farmacologica è essenzialmente palliativa e dovrebbe essere impiegata, in modo possibilmente ciclico e non continuativo, per alleviare i disturbi nel paziente non candidato alla protesizzazione (perché ancora poco sintomatico o inoperabile).
La categoria farmacologia fondamentale è rappresentata dagli antiinfiammatori/antidolorifici, mentre alcuni integratori dedicati (preparati a base di glucosamine e composti analoghi) potrebbero avere un effetto benefico nel rallentare la degenerazione del tessuto cartilagineo, ma non vi sono ancora studi adeguati che confermino questa ipotesi. 
In questa sede, profonda e difficilmente raggiungibile per via topica, la somministrazione sistemica dei farmaci appare essere la più agevole ed efficace. Le terapie infiltrative (in particolare con ac. jaluronico) sono indicate solo in casi molto selezionati e sono di competenza strettamente specialistica. 
Le comuni terapie fisiche (laser, ultrasuoni, elettroforesi…) risultano in genere efficaci solo nelle fasi iniziali.

Nei soggetti obesi il calo ponderale ottiene grandi benefici e può prevedibilmente rallentare l’evoluzione del danno articolare, mentre un moderato esercizio fisico in assenza di carico (nuoto, bicicletta) permette di conservare più a lungo la mobilità e il trofismo muscolare, ritardando la comparsa di rigidità. Ovviamente le attività fisiche in carico, come il jogging, e tutti gli sport di contatto sono da evitare, poiché potrebbero accelerare la progressione del danno cartilagineo.

RICOSTRUZIONE LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

 

DEFINIZIONE, EZIOPATOGENESI, SEGNI E SINTOMI : Il legamento crociato anteriore (LCA) esercita un ruolo determinante per la stabilità del ginocchio.

Sollecitazioni abnormi, tuttavia, possono provocarne la rottura o una deformazione plastica, come di frequente accade negli sportivi, e una conseguente

insufficienza funzionale.

Le lesioni del LCA possono interessare uno o entrambi i fasci costitutivi (anteromediale e postero-laterale) e, in base alle caratteristiche individuali e al grado

di attività, compromettere la funzionalità del legamento e la stabilità del ginocchio, suggerendo strategie di trattamento diverse. Se infatti in alcuni casi è

possibile ottenere un buon recupero funzionale con appropriati programmi di riabilitazione, una lesione che provochi un’insufficienza biomeccanica del LCA

rende spesso necessaria la ricostruzione chirurgica.

EPIDEMIOLOGIA: La stima della prevalenza della lesione non è semplice, in quanto non tutte le lesioni sono sintomatiche e vengono, pertanto, diagnosticate;

uno studio condotto su un ampio

campione di studenti di college negli Stati Uniti stima in oltre il 3% la possibilità di subire una rottura del LCA in un arco temporale di 4 anni di attività

sportiva, con un rischio più elevato nel sesso femminile2. Più precisa invece è la misura del numero di interventi di ricostruzione: 21.621 in Italia nel 2005,

quasi il 10% in più rispetto al 2000 (Ministero della Salute, SDO).
TERAPIA :

a ) intervento di ricostruzione artroscopica con utilizzo di autograft (trapianto autologo) per il paziente con lesione del crociato anteriore (con o senza lesioni

meniscali e/o condrali focali I/II)

dalle prove riscontrate negli studi valutati le performance dei due trattamenti possono essere così sintetizzate:

Tendine rotuleo:

  • migliori risultati relativamente alla stabilità, in termini di minore lassità (prevalentemente misurata con KT1000, a volte con Lachman test, del pivot

shift e punteggio IKDC);

  • più frequente ritorno all’attività pre-lesionale;
  • maggiore conservazione di forza fl essoria;
  • percentuali lievemente inferiori di casi di fallimento del trapianto.

Tendini ischiocrurali:

  • minore dolore anteriore del ginocchio;
  • minor dolore all’inginocchiamento;
  • minore perdita di estensione articolare (come ROM);
  • assenza di crepitio femoro-rotuleo.

Raccomandazioni per la pratica clinica: Non esistono allo stato attuale prove tali da consigliare in maniera assoluta l’utilizzo di una delle metodiche di

autotrapianto indagate. Esistono prove di una maggiore stabilità in seguito a impiego di tendine rotuleo, mentre è consigliabile l’impiego dei tendini

ischiocrurali nei seguenti casi: • soggetti che, per diversi motivi, abbiano necessità di inginocchiarsi per lunghi periodi di tempo e per i quali si imponga la

necessità di ridurre il più possibile intensità e durata della sintomatologia dolorosa.

  1. b) intervento di ricostruzione artroscopica con utilizzo di allograft (trapianto omologo): Gli studi sul confronto tra trapianto autologo e trapianto omologo

non hanno evidenziato differenze significative tra i due interventi. Emerge una discreta superiorità dell’autograft, resa problematica dalla presenza di

confondenti. Le tecniche di sterilizzazione, necessarie a ridurre l’incidenza di complicanze infettive nei soggetti trapiantati con allograft, riducono l’efficacia di tale trapianto. È utile precisare che la superiorità si riferisce all’ efficacia funzionale del trapianto, mentre i trapiantati con allograft (rispetto ai trapiantati con autograft) beneficiano dell’assenza della sintomatologia dolorosa nel sito del prelievo.

Raccomandazione per la pratica clinica: Nell’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore è raccomandato l’impiego dell’autotrapianto. L’uso

di allotrapianto mostra, infatti, un tasso di fallimenti più elevato ed è gravato da un lieve aumento del rischio di complicanze infettive.

  1. c) intervento di ricostruzione artroscopica con utilizzo di materiale sintetico : La scarsità di prove relative al trapianto sintetico non consente di formulare valutazioni conclusive in merito.

Raccomandazione per la pratica clinica: La carenza di prove non consente di raccomandare l’impiego di materiali sintetici nella ricostruzione del legamento crociato anteriore.
COMPLICANZE:

trapianto autologo : le principali complicanze del sono di natura infettiva. L’incidenza di infezioni risulta lievemente superiore nel trapianto con tendini ischiocrurali, ma tale dato è suggerito da un solo lavoro tra quelli inclusi e si riferisce prevalentemente a infezioni intra-articolari. Pregressi interventi di ricostruzione del LCA o del ginocchio in generale e alcuni sistemi di fissazione sono fattori predisponenti per le complicanze infettive. I pochi dati emersi

relativamente alle complicanze meccanico-funzionali non sembrano rilevanti.

Trapianto omologo: l’esiguo numero di studi selezionati relativi alle complicanze infettive dell’allograft non consente di ottenere informazioni conclusive sul confronto con l’autograft in termini di incidenza di infezioni. Emerge tuttavia un rischio maggiore per il trapianto omologo in assenza di sterilizzazione del tessuto impiegato.

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