CHIRURGIA DELLA SPALLA
PROTESI SPALLA
DEFINIZIONE: l’articolazione della spalla o gleno-omerale è costituita dalla testa dell’omero, che ha la forma di una porzione di sfera, e dalla cavità glenoidea della scapola che ha forma ovale concava, poco profonda. L’artrosi della spalla o omartrosi può essere definita come una condizione caratterizzata dall’usura dei capi articolari nella quale lo strato di cartilagine, che riveste la testa omerale e la cavità glenoidea, progressivamente si riduce fino ad esporre l’osso sottostante. Questo reagisce addensandosi e creando delle escrescenze ossee periferiche appuntite, gli osteofiti. In questo modo, con il passare del tempo, l’articolazione diventa rigida e dolorosa.
EPIDEMIOLOGIA: l’omartrosi è una patologia tipica dell’età avanzata soprattutto nelle sue forme primarie (ovvero a causa ignota) ed ha una prevalenza nel sesso femminile. Nel nostro Paese l’età media al momento della sostituzione protesica è di 72,9 anni nel sesso femminile, mentre nel sesso maschile l’età media scende a 67,9 anni (fonte IV report RIAP corretto 06/2018). Nelle forme secondarie l’età media di insorgenza si abbassa.
EZIOPATOGENESI: l’omartrosi primitiva è una condizione di cui non è nota la causa determinante ed è generalmente legata all’età. L’omartrosi secondaria può essere favorita da danni precedenti all’articolazione, ad esempio traumi severi, fratture mal consolidate o ripetute lussazioni di spalla. Una forma particolare è quella che consegue alla lesione massiva della cuffia dei rotatori in cui l’omero risalendo verso l’alto perde la congruenza con la glena, si parla di artropatia da lesione inveterata di cuffia. Altre forme secondarie sono legate alla presenza di malattie reumatiche (es. artrite reumatoride, artrite psoriasica ed altre), necrosi della testa omerale in cui una porzione della testa non riceve più apporto di sangue, si degenera e si deforma (possono essere favorite dall’uso di cortisonici, malattie dismetaboliche e altre condizioni).
SINTOMI: il paziente presenta dolore severo che interferisce con le attività quotidiane come lavarsi, pettinarsi, vestirsi o raggiungere le mensole alte dell’armadio. Il dolore può essere da moderato a severo anche durante il sonno. L’omartrosi è caratterizzata inoltre dalla perdita dell’arco di movimento e debolezza muscolare con limitazione delle rotazioni e dei movimenti di abduzione ed estensione della spalla.
DIAGNOSTICA: oltre all’esame clinico svolto da uno specialista ortopedico in cui vengono valutati i movimenti della spalla, la stabilità e la forza, la diagnosi è radiologica. E’ sufficiente una radiografia nelle tre proiezioni standard ( antero-posteriore, assiale e di Lamy o “Y” ) per evidenziare i quattro segni radiologici fondamentali dell’artrosi: riduzione della rima articolare, osteofiti, addensamento dell’osso sub-condrale e geodi. Nei casi complessi viene prescritta una Tomografia Computerizzata ( TC ) per la pianificazione dettagliata dell’intervento. Una Risonanza Magnetica ( RM ) può essere richiesta per la valutazione dei tessuti molli.
TRATTAMENTO CHIRURGICO: il trattamento più efficace è chirurgico ed è rappresentato dalla artroprotesi di spalla che costituisce l’unica reale soluzione nelle forme artrosiche avanzate, caratterizzate da riduzione della qualità della vita e dalla assunzione frequente di analgesici. L’intervento chirurgico permette il recupero di una buona qualità di vita, con una sopravvivenza degli impianti che è maggiore del 90% a 10 anni. Gli interventi di sostituzione protesica della spalla possono essere classificati in quattro tipologie:
- Protesi totale di spalla: comporta la sostituzione delle superfici articolari con elementi protesici in metallo e polietilene. I componenti sono disponibili in varie dimensioni e possono essere cementati o non a seconda della qualità ossea. Questo tipo di impianto prevede l’integrità della cuffia dei rotatori per un corretto funzionamento.
- Endoprotesi: comporta la sola sostituzione della testa omerale nel caso in cui la cuffia dei rotatori sia integra e la testa sia gravemente degenerata mentre le restanti componenti articolari sono normali.
- Protesi di rivestimento o emicefalica: prevede la sostituzione della sola testa omerale con una protesi a cappuccio senza stelo. Può essere un’opzione valida con integrità della cuffia dei rotatori se (a) la superficie articolare glenoidea è intatta; (b) il collo o la testa omerale non presentano fratture; (c) in pazienti giovani o molto attivi.
- Protesi inversa di spalla: comporta la sostituzione delle superfici articolare a componenti anatomiche invertite ossia una emisfera in metallo è fissata alla glena mentre una superficie concava sostituisce la testa omerale. E’ indicata nei soggetti che presentano (a) artropatia in lesione inveterata di cuffia con limitazione importante della articolarità e della forza nei movimenti; (b) atrosi gleno-omerale severa; (c) fallimento di un precedente intervento di protesi di spalla.
TRATTAMENTO NON CHIRURGICO: La terapia farmacologica è essenzialmente palliativa e dovrebbe essere impiegata, in modo possibilmente ciclico e non continuativo, per alleviare i disturbi nel paziente non candidato alla protesizzazione (perché ancora poco sintomatico o inoperabile). La categoria farmacologia fondamentale è rappresentata dagli antiinfiammatori/antidolorifici, mentre alcuni integratori dedicati (preparati a base di glucosamine e composti analoghi) potrebbero avere un effetto benefico nel rallentare la degenerazione del tessuto cartilagineo, ma non vi sono ancora studi adeguati che confermino questa ipotesi. Le terapie infiltrative (con cortisonico e/o ac. jaluronico) sono indicate solo in casi selezionati e sono di competenza strettamente specialistica. Il trattamento fisioterapico può risultare utile per incrementare l’articolarità e la forza dei muscoli residui senza però esacerbare il dolore.
INDICAZIONI ALL’INTERVENTO CHIRURGICO: non dovete sottoporvi ad intervento chirurgico se non avete compreso le informazioni relative all’intervento chirurgico e alle possibili complicanze. Schematizzando, l’intervento di artoprotesi di spalla è indicato: (a) nei casi in cui un processo artrosico o artritico abbia determinato un avanzato deterioramento articolare responsabile di una significativa limitazione funzionale; (b) nei casi di necrosi della testa omerale; (c) nei casi di fallimento di precedenti impianti. La protesi inversa di spalla è generalmente indicata in pazienti con più di 65 anni d’età mentre nei pazienti più giovani, a meno che non vi siano rotture massive e/o irreparabili della cuffia dei rotatori, sono indicati impianti protesici anatomici convertibili in protesi inverse successivamente. Nei soggetti anziani, considerato il rischio chirurgico, l’intervento è proposto in soggetti attivi con significative richieste funzionali e condizioni cliniche buone.
COMPLICANZE: il tasso di complicanze a seguito di protesi totale di spalla si attesta sul 6-7% [2]. Alcune complicanze gravi quali l’infezione si verificano in meno del 2% dei casi. Alcune patologie croniche come il diabete possono aumentare il tasso di alcune complicanze.
Le principali complicanze possono essere così riassunte: (a) le infezioni possono verificarsi subito dopo l’impianto o anche a distanza di anni, le infezioni superficiali localizzate attorno alla ferita sono generalmente trattate con antibiotici e/o con revisione della ferita chirurgica, le infezioni profonde (periprotesiche) possono richiedere altri interventi fino alla rimozione della protesi [[4]]; (b) problemi all’impianto, nonostante il continuo avanzamento delle tecniche chirurgiche e dei materiali protesici, possono determinare usura precoce dei materiali e/o mobilizzazione; (c) dolore continuo, complicanza rara, in cui spesso è difficile individuare una causa; (d) lesioni neurovascolari, durante l’intervento chirurgico, che nel tempo in base alla entità del danno possono recuperare completamente o residuare deficit sensitivi/motori.
CRITERI DI SCELTA DEI DISPOSITIVI MEDICI DA IMPIANTARE: la scelta egli elementi costituenti l’articolazione da impiantare è basata sulle misure rilevate dall’esame radiografico/TAC/RM, all’esame clinico e dalle condizioni anatomiche riscontrate in sede di intervento. Gli elementi protesici vengono normalmente predefiniti in fase di programmazione di intervento considerando, oltre a quanto sopra specificato, le alterazioni anatomico funzionali dell’articolazione da operare oltre alle condizioni generali del paziente.
POST OPERATORIO: la degenza presso il reparto dopo l’intervento chirurgico è generalmente di 2 notti. Nel post operatorio viene posizionato un tutore da mantenere per 4 settimane giorno e notte e successivamente 4 settimane solo la notte. Alla dimissione vengono consegnati dal chirurgo dei protocolli di gestione del dolore e di fisioterapia. Dopo la prima settimana è possibile iniziare alcuni esercizi a casa mentre la fisioterapia vera e propria inizia dopo circa 4 settimane dall’intervento. La ferita viene desuturata circa 14 giorni dopo l’intervento chirurgico, fino ad allora è vietato fare il bagno o la doccia. La maggior parte dei chirurghi sconsiglia di sollevare pesi superiori ai 5-10 kg e di praticare sport da impatto per il resto della vita dopo l’intervento chirurgico.
IV report RIAP corretto 06/2018
Papadonikolakis A1, Neradilek MB2, Matsen FA 3rd1. Failure of the glenoid component in anatomic total shoulder arthroplasty: a systematic review of the English-language literature between 2006 and 2012. J Bone Joint Surg Am. 2013 Dec 18;95(24):2205-12.
Bacle, Guillaume; Nové-Josserand, Laurent; Garaud, Pascal; Walch, Gilles. Long-Term Outcomes of Reverse Total Shoulder Arthroplasty: A Follow-up of a Previous Study. JBJS:March 15, 2017 – Volume 99 – Issue 6 – p 454-461
Marcheggiani Muccioli GM, Huri G, Grassi A, Roberti di Sarsina T, Carbone G, Guerra E, McFarland EG, Doral MN, Marcacci M, Zaffagnini S. Surgical treatment of infected shoulder arthroplasty. A systematic review. Int Orthop. 2017 Apr;41(4):823-830.
La spalla – Patologia, tecnica chirurgica, riabilitazione – Anatomia ed interventi di Porcellini – Abdelkhalki – Castagna – Campi – Paladini, 2014.
Reverse Shoulder Arthroplasty: A Practical Approach. David M. Dines, Joshua Dines, T. Bradley Edwards
RIPARAZIONE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI
Premesse anatomiche
La cuffia dei rotatori è una struttura fondamentale per il funzionamento della spalla, costituita dai tendini di quattro muscoli che originano dalla scapola e si inseriscono sulla testa dell’omero. Anteriormente vi è il sottoscapolare; superiormente il sovraspinoso (o sovraspinato); posteriormente il sottospinoso (o sottospinato) e il piccolo rotondo. I tendini della cuffia convergono a formare una lamina continua, larga parecchi centimetri. Solo tra sottoscapolare e sovraspinoso vi è un sottile interstizio nel quale passa il tendine del capo lungo del bicipite (fig. 1).
Semplificando le loro complesse funzioni si può dire che i quattro muscoli, contraendosi in maniera coordinata, mantengono la testa dell’omero compressa e centrata contro la glena, cioè la superficie articolare della scapola. Questa funzione è indispensabile perché l’articolazione scapolo-omerale non ha una stabilità legata all’incastro delle due componenti (la concavità della glena è appena accennata, molto aperta). Senza l’attività coordinata della cuffia i movimenti di elevazione del braccio diventano impossibili. La seconda principale funzione della cuffia è di muovere la spalla in rotazione interna (il gesto con cui portiamo la mano sull’addome o dietro la schiena) ed esterna (mano in fuori o anche mano sul capo e dietro la nuca). La faccia interna della cuffia dei rotatori riveste l’articolazione della spalla. La faccia esterna invece superiormente è ricoperta da una ampia borsa, una sorta di cuscinetto che evita l’attrito con il piano osseo dell’acromion.Le lesioni della cuffia
Quando si parla di lesioni della cuffia dei rotatori ci si riferisce a lacerazioni, strappi nel tessuto tendineo con disinserzione dalla superficie ossea. La causa principale è rappresentata da una graduale degenerazione del tessuto tendineo. La probabilità di avere una lesione di cuffia cresce pertanto con l’aumentare dell’età. Nella grande maggioranza dei casi viene interessato il tendine del sovraspinoso, che ha un tratto critico, nutrito da pochi vasi e soprattutto scorre in uno spazio angusto dove può essere compresso tra la testa dell’omero e l’acromion (una struttura ossea che fa parte della scapola). Questo fenomeno di schiacciamento del tendine, che si accentua quando si mantiene il braccio in posizione elevata, può divenire doloroso e va sotto il nome di conflitto (o “impingement”) sub-acromiale. La forma e le dimensioni delle lesioni sono variabili (figg. 2, 3).
Figg. 2-3: Lesione a L del sovraspinoso e lesione “crescent” del sovraspinoso
Meno frequenti sono le lesioni del sottospinoso, del sottoscapolare e del piccolo rotondo. Quando vengono coinvolti più di due tendini si parla di lesione massiva (fig. 4).Un ruolo importante nelle lesioni della cuffia lo ha il tendine del capo lungo del bicipite, che non è parte della cuffia ma scorre in un intervallo della struttura della cuffia a stretto contatto con il sottoscapolare e il sovraspinoso: spesso il capo lungo va incontro a infiammazione e processi degenerativi e può essere uno dei responsabili principali del dolore.
Cause
Alla base delle lesioni vi è quasi sempre un processo graduale di degenerazione del tessuto, come accennato prima. Sicuramente hanno importanza fattori genetici che predispongono alcune persone più di altre e spiegano anche l’interessamento non raro di entrambe le spalle. Quindi in molti casi il problema nasce gradualmente e spontaneamente.
Ovviamente un ruolo lo giocano le attività fisiche, per cui persone che per anni fanno lavori gravosi per le spalle hanno più probabilità di sviluppare una lesione.
Il ruolo dei traumi (cadute, strappi) ha una sua importanza, ma in genere secondaria: è caratteristico che una persona che magari per anni ha sofferto di episodi di dolore alla spalla (le cosiddette periartriti), dopo un trauma noti una perdita brusca di funzionalità, magari con l’incapacità di sollevare il braccio. In questi casi si può facilmente immaginare che il tendine si è gradualmente logorato e poi un trauma lo ha rotto, oppure ha ingrandito una lacerazione che prima era più o meno ben compensata. Le circostanze in cui un trauma determina la rottura di una cuffia dei rotatori del tutto sana, in un soggetto giovane, esistono ma sono rare.
Diagnosi
Per stabilire la presenza di una lesione di cuffia il primo passo è la visita dell’Ortopedico, che può sospettarla valutando con una serie di manovre i movimenti della spalla e la forza in varie direzioni. Questi test specifici sono mirati a valutare l’escursione articolare della spalla, la forza impressa dai differenti tendini all’articolazione della spalla e l’eventuale dolore causato nel corso delle manovre. In caso di lesione di un tendine generalmente si potrà apprezzare la riduzione della forza nel test che valuta quello specifico tendine, aspetto che non sempre è correlato alla comparsa di dolore durante la valutazione stessa. Gli esami strumentali principali sono l’Ecografia, che viene effettuato mediante una sonda a ultrasuoni, e la Risonanza Magnetica Nucleare. La prima è una metodica economica e diffusa, che può essere considerata l’esame di screening. La risonanza visualizza le strutture della spalla sfruttando i campi magnetici, è più costosa, è anche più difficile da tollerare per alcuni pazienti ed è controindicata in presenza di alcune condizioni. Le informazioni che fornisce sulla cuffia dei rotatori sono però molto più complete, soprattutto quando si deve valutare un intervento di riparazione (fig. 5).
Le lesioni della cuffia possono essere di vario tipo.Esistono lesioni definite parziali: significa che un tendine presenta la rottura di uno strato delle sue fibre, non di tutto lo spessore. Una lesione parziale può riguardare il versante articolare, oppure quello esterno, bursale; talvolta le fibre rotte sono nell’interno del tendine. Come è intuitivo queste lesioni incomplete non alterano in modo significativo forza e funzione della spalla e nella maggior parte dei casi possono essere trattate con varie terapie senza intervento.
Le lesioni complete sono quelle che interessano tutto lo spessore delle fibre tendinee e come abbiamo visto possono avere diverse forme ed essere più o meno grandi.
Le lesioni massive, come già accennato, sono lacerazioni che si estendono a più di due tendini della cuffia. Se la lesione di cuffia è di grandi dimensioni può conseguirne uno sbilanciamento della articolazione della spalla, con la testa dell’omero che non sta più affrontata al centro della glena, ma si sposta verso l’alto. Questo effetto è visibile anche sulle normali radiografie.
Quando si osserva una lesione a tutto spessore della cuffia, oltre alle dimensioni e alla sede, è importante valutare altre due caratteristiche che la risonanza magnetica consente di studiare accuratamente: il grado di retrazione del tendine rotto, ovvero quanto si è allontanato dal suo punto di inserzione all’osso, e il grado di atrofia del muscolo a monte della rottura, che può andare incontro ad un processo di involuzione in cui le fibre muscolari vengono via via sostituite da tessuto grasso. Questi aspetti hanno ricadute sulle decisioni inerenti la scelta del trattamento.
Trattamento
Soltanto alcune delle lesioni della cuffia dei rotatori richiedono un intervento chirurgico di riparazione. Quindi scoprire sulla ecografia o sulla risonanza magnetica una rottura tendinea di cuffia non equivale sempre ad una necessità di ricovero e intervento.
Le lesioni parziali come già accennato non necessitano di riparazione nella maggior parte dei casi: solo nei pazienti in cui il dolore è persistente e non si risolve con le terapie (fisioterapia, farmaci, riduzione delle attività gravose) ci si può orientare verso la chirurgia.
Le lesioni a tutto spessore quando non sono molto estese in molti casi danno disturbi contenuti, oppure, dopo un periodo di dolore più o meno prolungato, sia spontaneamente sia grazie alle cure, possono smettere di fare male e lasciare una buona funzionalità della spalla. Questo quadro è tipico di persone in cui i disturbi non sono stati scatenati da un trauma, che sono già in età di pensionamento (60-70 anni) e che non richiedono grandi sforzi alla spalla.
Viceversa quando la lesione viene diagnosticata in una persona in età lavorativa, generalmente intorno ai 50 anni, specialmente se le attività svolte sono impegnative e se vi è stato un trauma che ha scatenato o peggiorato i disturbi, può essere opportuno ricorrere all’intervento.
Gli interventi
Vi sono due categorie di interventi chirurgici. In passato esisteva solo la metodica “aperta”, che richiede una incisione sulla spalla lunga circa 6-8 cm. Per raggiungere la cuffia è necessario passare attraverso il muscolo deltoide, che perciò viene inciso e alla fine suturato. Da oltre venti anni si sono sviluppate le metodiche artroscopiche, che utilizzano un sofisticato sistema basato su una piccola telecamera collegata ad uno schermo mediante fibre ottiche. Sono necessarie alcune piccole incisioni da 0,5-1 cm dietro, di lato e davanti alla spalla e non è necessario “aprire” il deltoide. I progressi di tecnica chirurgica e di tecnologia degli strumenti hanno fatto sì che anche in artroscopia si possano eseguire reinserzioni del tendine all’osso altrettanto sicure quanto quelle che si ottengono in chirurgia aperta. Sebbene i tempi necessari per il recupero e i risultati delle riparazioni con tecniche aperte e artroscopiche siano uguali, queste ultime hanno guadagnato via via il favore dei chirurghi e dei pazienti e attualmente rappresentano lo “standard” della chirurgia della cuffia.
L’obiettivo dell’intervento di riparazione è di riportare il lembo di tendine strappato alla sua sede di inserzione all’osso della testa omerale e fissarvelo. Per far questo esistono diversi sistemi di ancoraggio, i più comuni sono rappresentati da “ancorette” di vari materiali che si avvitano o si impiantano a pressione nell’osso e a cui sono attaccati dei fili con i quali si sutura e si riporta in sede il tendine (fig. 6, 7, 8). I dispositivi utilizzati sono i più innovativi, e quando possibile utilizziamo ancorette di solo filo, riassorbibili o radiotrasparenti in modo da ridurre ulteriormente l’invasività chirurgica.
Figg. 7-8: Illustrazione schematica di riparazione del sovraspinoso: l’ancoretta, in questo caso metallica, è impiantata nell’osso e il tendine è nuovamente inserito nella sua sede anatomica
Perché la riparazione sia fattibile occorre che il tendine rotto abbia una buona consistenza e sia rimasto sufficientemente elastico da poterlo riportare nella sede di inserzione. Queste condizioni non sempre possono essere certe prima dell’intervento, nemmeno con la risonanza magnetica. A seconda delle situazioni una lesione di cuffia potrà risultare riparabile in modo completo, riparabile in modo parziale (rimane quindi una interruzione più piccola) oppure anche irreparabile.
Nel corso dell’intervento oltre alla riparazione vengono effettuate altre procedure: si fa una “pulizia” dei tessuti rovinati e degenerati; si rimuove almeno in parte la borsa generalmente infiammata; se vi sono irregolarità della superficie ossea dell’acromion, che sovrasta la cuffia, si possono levigare con appositi strumenti (acromionplastica). Inoltre nella maggior parte dei casi il tendine del capo lungo del bicipite adiacente ai tendini della cuffia è logorato e degenerato, e quindi causa di dolore: per questo motivo spesso è necessario sezionarlo, senza che questo pregiudichi la forza del braccio. Due sono le possibili gestioni del tendine del bicipite, da un lato la semplice sezione (tenotomia), che in alcuni casi può comportare un abbassamento della massa muscolare del bicipite e quindi un difetto estetico; oppure la fissazione del tendine alle strutture esterne alla spalla (tenodesi) che previene il rischio di difetto estetico ma può avere l’inconveniente di provocare qualche dolore almeno temporaneo.
Il ricovero
Quando si viene ricoverati si devono portare gli esami eseguiti alla spalla (RMN, radiografie, ecografia…) precedentemente valutati nelle visite ambulatoriali.
Vengono eseguiti esami del sangue e una visita dell’Anestesista, che illustra al paziente le modalità dell’anestesia (locoregionale, generale o mista). Se non emerge la necessità di ulteriori accertamenti si conferma la programmazione dell’intervento.
La durata dell’operazione è variabile, comunque nella gran parte dei casi va da 60’ a 90’. La permanenza in sala operatoria comprende in più un tempo di preparazione preliminare, in genere di almeno un’ora, e un periodo di sorveglianza dopo la fine dell’intervento. Al termine dell’intervento si applica un tutore ortopedico, diverso a seconda del tipo di lesione e riparazione: nel caso più frequente si tratta di un “cuscino”, fissato al busto con apposite cinghie, che mantiene il braccio discosto dal fianco.
Nelle ore successive all’intervento è generalmente consentito al paziente alzarsi da letto con adeguata assistenza.
La dimissione avviene dopo 1 o 2 giorni dall’intervento. Il paziente viene istruito sui movimenti che potrà fare con il gomito, l’avambraccio, il polso e la mano, nonché sulle precauzioni da prendere per provvedere alla propria igiene. Alla dimissione viene fissato l’appuntamento per il primo dei controlli in ambulatorio.
Complicazioni
Come in tutte le attività che svolgiamo quotidianamente (lavorare, fare sport, viaggiare…) anche durante o dopo gli interventi chirurgici possono verificarsi degli eventi avversi, che prendono appunto il nome di complicazioni.
Dopo un intervento di riparazione di cuffia le complicazioni possono essere di vari tipi, fortunatamente sono eventi rari. Uno dei principali è la rigidità della spalla, nel quadro della cosiddetta “capsulite adesiva”: è una evenienza sgradevole che allunga anche sensibilmente i tempi di recupero, ma che di regola si risolve lentamente con la sola rieducazione funzionale.
Come per tutti gli interventi esiste un rischio seppure bassissimo di infezione nonostante la profilassi antibiotica.
Altro evento indesiderato può essere la recidiva della rottura di cuffia: questa complicazione è naturalmente più frequente se la lesione era grande e se il tessuto tendineo era di scarsa qualità; spesso però anche quando si verifica le condizioni della spalla si mantengono accettabili.
Cosa si può e cosa non si deve fare
Se è stata ottenuta la riparazione, totale o parziale, della lesione di cuffia, allora occorre proteggere il tendine reinserito per il tempo necessario affinché si ristabilisca una robusta continuità tendine-osso. Questo processo biologico richiede alcuni mesi. Pertanto raccomandiamo l’utilizzo del tutore di spalla a tempo pieno, giorno e notte, per circa un mese durante il quale sono proibiti i movimenti soprattutto attivi della spalla. Dopo questo periodo di convalescenza “stretta” si inizia la fisioterapia, con la quale si esercita una graduale dolce mobilizzazione della spalla, prima passiva poi attiva. Se è disponibile, la idrochinesiterapia (ginnastica in acqua con l’assistenza del fisioterapista) agevola il recupero funzionale. A circa due mesi dall’intervento si possono praticare attività leggere, come la guida dell’auto. Per le attività più impegnative occorre aspettare circa quattro mesi dall’intervento. Se all’intervento è stata riscontrata una scarsa consistenza e resistenza del tessuto tendineo il chirurgo raccomanderà delle cautele da osservare a tempo indeterminato per ridurre il rischio di una nuova rottura.
Nei casi in cui la lesione è risultata irreparabile, in sala operatoria sono stati effettuati solo i tempi complementari di “pulizia”. In questo caso è lecito aspettarsi un miglioramento del dolore ma non un recupero di forza. Vi è però almeno il vantaggio che non sarà necessario mantenere l’immobilità della spalla, per cui gli esercizi di mobilizzazione iniziano nei primi giorni dopo l’intervento.
INSTABILITA’ DI SPALLA
Per lussazione si intende la completa perdita dei rapporti reciproci tra i capi articolari di una articolazione. Quando questa è parziale si parla di sub-lussazione.
Le lussazioni di spalla sono, nella grande maggioranza dei casi, lussazioni gleno-omerali (lussazioni a carico dell’articolazione più grande della spalla, quella tra glena e testa dell’omero) (Fig. 1).
Fig. 1 – Rappresentazione anatomica delle componenti ossee della spalla
Le lussazioni gleno-omerali possono essere solitamente di 2 tipi: anteriori o posteriori, in base alla dislocazione della testa omerale (Fig. 2). Quelle anteriori, in cui l’omero perde i normali rapporti articolari e si disloca anteriormente, sono le più frequenti in assoluto. In alcuni casi possono esistere lussazioni multi-direzionali (caratteristiche dei soggetti con iperlassità costituzionale).
Fig. 2 – Rappresentazione delle più frequenti lussazioni gleno-omerali di spalla: A, lussazione anteriore; B, lussazione posteriore
Quando le lussazioni avvengono ripetutamente, anche a distanza di molto tempo, si parla di lussazione recidivante. Questa condizione viene definita instabilità cronica.
Come si verifica una lussazione di spalla?
Le lussazioni di spalla sono lesioni meno frequenti delle fratture che normalmente colpiscono l’età adulta, in seguito ad un trauma di forte entità: solitamente una caduta sulla mano o sul gomito ad arto atteggiato a difesa, meno frequentemente per caduta sul moncone della spalla.
Alcuni tipi di attività sportiva (basket, tennis, baseball, pallavolo) sollecitano particolarmente l’articolazione fra scapola e omero esponendola così a una maggiore probabilità di eventi traumatici.
Anche le cadute e gli incidenti stradali sono fra le cause più comuni di lussazione della spalla. Infine, alcune persone, sono geneticamente predisposte a lussazioni perché nate con strutture capsulo-legamentose e tendinee lasse (meno rigide).
Quali strutture si danneggiano con una lussazione?
Le lussazioni gleno-omerali di spalla possono essere associate a fratture omerali, lesioni nervose, vascolari e delle strutture capsulo-legamentose. La lesione di queste ultime predispone a sviluppare una lussazione recidivante, cioè la tendenza a lussazioni che si ripetono nel tempo a causa di danni delle strutture di sostegno articolare.
Qual è il corretto trattamento per una lussazione ricorrente (intabilità cronica di spalla)?
Nella lussazione recente di spalla (poche ore) si deve ricorrere ad una riduzione d’urgenza previo accertamento di eventuali complicanze ossee (tramite RX in doppia proiezione) e nervose. Successivamente la spalla va immobilizzata con bendaggio/tutore per circa 30 giorni. In seguito è necessario un periodo di riabilitazione funzionale e idrokinesiterapia.
Nel caso di persistenza dell’instabilità (lussazione recidivante) con episodi sempre più frequenti bisogna prendere in considerazione la possibilità di sottoporsi ad un intervento chirurgico di stabilizzazione dell’articolazione.
La stabilizzazione può essere eseguita in artroscopia (senza aprire l’articolazione, attraverso piccoli fori con l’utilizzo di una telecamera) se il danno è limitato alle “parti molli” cioè capsula e legamenti (capsuloplastica artroscopica) (Fig. 3).
Fig. 3 – Capsuloplastica (stabilizzazione della spalla) artroscopica: A, accessi artroscopici (intervento mini-invasivo, non viene “aperta” la spalla, si praticano dei “fori” e l’intervento viene eseguito con ausilio di una telecamera da endoscopia); B, identificazione della lesione capsulare (in rosso); C, riparazione della lesione capsulare (in blu, vengono usate delle “ancorette” per fissare la capsula strappata all’osso)
Poiché la strumentazione usata in artroscopia è miniaturizzata, la tecnica richiede solo piccole incisioni cutanee. Ciò implica che la procedura abbia alcuni vantaggi teorici rispetto alla chirurgia aperta tradizionale, tra cui minor dolore post-operatorio, cicatrizzazione più rapida e minor rischio di infezioni.
Se il danno capsulo-legamentoso è associato a deficit ossei si ricorre ad una stabilizzazione a “cielo aperto”. L’intervento che solitamente viene eseguito è la capsuloplastica artrotomica secondo Latarjet (Fig. 4).
Fig. 4 – Capsuloplastica (stabilizzazione della spalla) artrotomica (a cielo aperto) secondo Latarjet: A, accesso artrotomico (a “cielo-aperto”) modificato mini-invasivo (in rosso); B e C, riparazione della lesione capsulare mediante trasposizione del tendine congiunto con “bratta ossea” di coracoide (per colmare difetto osseo della glena, presente in seguito a numerose lussazioni recidivanti) fissata con 2 viti metalliche
Microinstabilità
Un capitolo a parte nell’ambito delle instabilità croniche della spalla è quello delle microinstabilità.
Differenti sono le teorie che vedono nei microtraumi ripetuti nel tempo (gesto del lancio tipico della pallavolo, del football americano e del baseball) le cause di un progressivo cedimento dei legamenti della spalla.
Sempre nell’ambito delle microinstabilità, si inseriscono le cosiddette SLAP Lesion (Superior Labrum Anterior to Posterior) legate ad un evento traumatico che comporta un distacco da trazione del labbro glenoideo dal tessuto osseo in regione sopra equatoriale. In tal caso solo la riparazione della SLAP Lesion potrà ristabilire un quadro corretto di stabilità. Nella maggior parte dei casi ciò è possibile in artroscopia.
Anestesia, post operatorio e dettagli utili sull’intervento
Solitamente gli interventi chirurgici a livello della spalla sono eseguiti in anestesia generale o combinata (generale + blocco nervoso periferico per ridurre il dolore nell’immediato post-operatorio). Il tempo medio di degenza in ospedale è 1-2 giorni. Un lavoro sedentario può essere ripreso dopo 7-10 giorni, un’attività lavorativa pesante necessita circa 3 mesi. I punti di sutura sono rimossi 12-14 giorni dopo l’intervento. È necessario non bagnare la cicatrice per 15-20 giorni. Durante questo periodo è sconsigliato andare in piscina, fare la doccia o il bagno.
Sia che ci si sottoponga ad un intervento artroscopico o a “cielo aperto” il periodo di recupero consterà di una prima fase di immobilizzazione del braccio della durata di circa 4 settimane per permettere una giusta fase riparativa dei tessuti, a cui seguirà una seconda fase di riabilitazione fisioterapica in acqua per il recupero del movimento della durata di circa 4-8 settimane e una terza di rinforzo muscolare per circa 8 settimane.
La ripresa dello sport non può comunque avvenire prima di 4-5 mesi dall’intervento chirurgico.
Risultati della chirurgia
L’obiettivo della capsuloplastica di spalla è ripristinare la stabilità dell’articolazione mantenendo l’articolarità. Il movimento che avrà la spalla dopo l’intervento chirurgico può essere previsto in base al movimento che l’articolazione aveva prima dello stesso.
I risultati a lungo-termine sono buoni: si parla di percentuali di recidiva di lussazione dal 15% al 3% in base alle casistiche e al tipo di attività fisica/sport praticato (1-5).
Bibliografia
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